Nel post precedente ho definito, me e mio marito, genitori giudiziosi. Fortuna che ho aggiunto quel “quasi sempre”, che fa la differenza.
Sabato mattina, dopo aver misurato ripetutamente la febbre a N.E. ed aver appurato che il numero massimo ottenuto [per tre giorni, i numeri malvagi, ci hanno fatto compagnia!!] non toccava 37 e aver prestato attenzione alle valige che da due giorni mi “guardavano” con aria supplichevole […o era mio quello sguardo??], ci siamo seduti un attimo, ci siamo guardati e abbiamo deciso.
Partenza.
E così è stato, il tempo di riorganizzare i bagagli, le “poche” cose necessarie per il bene stare di un bambino di un anno e ci siamo catapultati in macchina.
Destinazione: Itacaré – Ba.
Cinque ore di macchina, in vero stile brasileiro. Perché in questo enorme paese c’è l’abitudine di percorrere grandi tragitti in auto, abitudine dovuta alla quasi assenza di ferrovie e a voli, spesso, troppo cari. Qui ore e ore di viaggio in auto fanno parte della normalità, nonostante in molte zone non ci siano autostrade.
La piccola cittadina, che ci ha ospitato per cinque giorni, è un luogo che vale la pena visitare. Il centro è quasi inesistente e c’è un’unica strada con ristoranti, piccoli locali e negozietti che la sera prendono vita. Quello invece che contraddistingue questo luogo, rendendolo unico, è la natura.
I colori, la vegetazione, l’oceano. Un mare agitato, perfetto per i numerosi surfisti che popolano questo posto.
Ci sono spiagge incredibili, cui si accede percorrendo meravigliosi sentieri in mezzo alla foresta. Non è esattamente il posto adatto per una famiglia con figli piccoli, ma lo sforzo di camminare carichi di roba, bambino compreso, viene ripagato da un paesaggio da sogno.
Se dovessi immaginare il paradiso terrestre, io lo disegnerei proprio così.
Un viaggio stupendo. Proprio quello di cui avevo bisogno.
E’ nella mia natura lo spostamento. Dopo un pò nello stesso luogo divento irrequieta e ho bisogno di una fuga, meglio ancora se la fuga in questione è d’amore. Io, mio marito e mio figlio.
La nostra prima gita a tre. Famiglia è la parola chiave.
Vacanza invece no, perché in tutto questo splendore, ho imparato che quando si ha un figlio piccolo, viaggiare non è esattamente la stessa cosa di andare in vacanza.
Energia a volontà Vs totale assenza di relax.
Che va bene così, è stato tutto assolutamente perfetto e il nostro piccolo è stato bravissimo a tenere i ritmi freneteci di noi genitori.
E’ stato bello vedere il cambiamento nostro nell’adattarci ad un tipo di soggiorno adatto ad un bambino e l’impegno di N.E. nell’assecondare i nostri spostamenti.
Eravamo bellissimi insime, d’altronde non può che essere così quando si è felici.
… e appena riesco a risolvere il problema spazio-foto-Picasa-Blogger del cavolo, che non mi permette di caricare immagini, magari aggiungo altre foto di questa meravigliosa parentesi fuori casa.
Aggiornamento post inscrizione a Google + [02.12.2012]
L’unica soluzione che sono riuscita a trovare, per avere spazio illimitato per caricare le mie foto, è stata l’iscrizione a Google+. E’ un gioco sporco il loro, ti obbligano in questo modo ad iscriverti all’ennesimo social network. Ma di fronte all’alternativa di dover acquistare altro spazio di archiviazione a pagamento, mi è parso il male minore.
Con Google+: “le foto fino a 2048 x 2048 pixel e i video fino a 15 minuti non
verranno conteggiati nel calcolo dello spazio di archiviazione gratuito.
Tutte le foto caricate in Google+ verranno automaticamente
ridimensionate a 2048 pixel (sul bordo più lungo) e non verranno
conteggiate nel calcolo dello spazio di archiviazione gratuito.”
Teoricamente questo dovrebbe accadere anche in Picasa, una volta raggiunto il limite di 1 GB… teoricamente!!
E’ sufficiente poi, impostare la privacy in modo che gli album caricati non siamo visibili, selezionando l’opzione “solo tu”.
Et voilà, ecco le foto.
Istantanee. Momenti di vita bloccati per sempre. Un’ossessione la mia, una beffa contro il tempo che corre e scappa. Il tentativo di trattenere immagini e colori, di un ricordo che, presto o tardi, cercherà di confondersi e sfuggire alla memoria.
“A chi mi domanda ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so
bene quel che fuggo, ma non quello che cerco.”