La terra della Lambada

La vita è fatta di grandi passioni. Alcune sono innate, altre crescono nel tempo, altre ancora finiscono senza che se ne capisca il motivo.
Le più forti non se vanno mai realmente, anche quando pensi di averci messo un punto sopra.

Ho cominciato a fare danza classica a cinque anni, continuando per altri dieci. Non sono mai stata particolarmente dotata, nel senso che per arrivare in alto ci vogliono qualità che a me mancavano e arrivata all’età di quindic’anni erano soprattutto la testa e la costanza a mancarmi.
Ricordo quegli anni, la scuola di ballo e alcune compagne. Una di loro, Francesca, è rimasta per anni la mia migliore amica.
Eravamo le più piccole del gruppo, eravamo coccolate dalle altre. La prima ballerina, Ilaria, era pazza di me ed io mi sentivo speciale.
Ricordo la sua figura esile e bellissima, il suo modo di fare delicato e gentile, il suo viso truccato eccessivamente, così come lo era la magrezza del suo corpo.
Ricordo il mio maestro rumeno, Petre. La rigidezza dei suoi modi, i racconti su cosa accadeva alle ballerine del suo paese, quello che dovevano sopportare per arrivare a fare la spaccata in tempi brevi, quello che dovevano sacrificare per arrivare al successo. Ricordo le storie su una lista di un fantomatico libro nero, un libro che nessuno ha mai visto ma nel quale sono certa di essere finita. Me lo ripeteva ad ogni errore e lo stesso accadeva alle altre. Il fatto è che a me non me ne fregava assolutamente niente, altre ragazze invece prendevano quelle parole come un pugno in pancia.
Ricordo i saggi in prima fila, non perché fossi la più brava, ma solo per una questione d’età.
Un mondo oscuro dipinto di rosa. Come il body, il tutù, le calze e le scarpette. Quelle morbide e quelle con le punte. Le seconde sono ancora appese in casa di mia madre, non più ad un chiodo ma ad una finestra. Guardandole provo ancora il dolore che un pò di cotone non riesce a curare.
Un mondo infido quello della danza classica ed io mi sentivo troppo ribelle per farne parte.

Mi stanco facilmente e velocemente delle cose. Non sono una persona costante, non ho fermezza. Non mi è mai interessato proseguire sulla stessa strada. Ho bisogno di stravolgere per sentirmi viva, ho bisogno di cose nuove e sconosciute per sentirmi felice.
Non aspiro necessariamente al successo, quello che invece continuo a cercare è il cambiamento.
Mi annoio rapidamente e non c’è niente che possa fare per placare questo mio modo di essere, se non assecondarlo.

In seguito ho fatto danza moderna con buoni risultati e poco impegno. E si sa, quando una passione non viene alimentata presto lascia il posto ad altro.
Tutt’oggi non ho ben chiaro cosa fosse questo “altro”, ma so per certo che è rimasto dentro me un rimpianto che ha trovato pace solo al mio arrivo in Brasile.
 
Quando mi sono trasferita sono stata vittima di un colpo di fulmine, diventato poi un grande amore.
Ho conosciuto una danza bellissima, carica di sensualità ed erotismo.
La Lambada, il ballo proibito per eccellenza. Un ritmo irresistibile, un contatto fisico estremo fatto di movimenti provocanti.
Tanto per intenderci, avete presente la canzone “Chorando se foi” dei Kaoma? Quella che fa: “chorando se foi, quem um dia sò me fez chorar”.
Se ancora non dovesse dirvi niente, guardate il video.

Sì, è quella famosa!!
Chiaramente la Lambada si è evoluta molto da questo video del 1989, legandosi ad un altro stile e prendendo il nome di Zouk-Lambada.
Questo ballo, ancora poco conosciuto in Italia, nasce proprio nella città in cui abito, Porto Seguro [BA]. In Europa sta facendo furore ed ogni anno, a fine dicembre, la mia città si riempie di ballerini di tutte le nazionalità che vengono a gareggiare, danzare, imparare al Berg’s Congress, evento che prende il nome dal suo fondatore, nonché mio nuovo maestro.

Ho scelto questo video
nonostante sia un pò datato, perché sia lui che sua sorella sembrano
essere stati imbalsamati per i successivi dieci anni, non risentendo
minimamente del passare del tempo.
Se piace il genere d’uomo
fisicato e un pò rozzotto si può apprezzare la presenza maschile.
Di certo la tipa che filmava lo ha fatto, al minuto 1:57 quando viene
inquadrato il suo sedere in movimento, si sente un “Oh my gosh!!” che
non lascia dubbi.
La mia fortuna è di avere un uomo accanto
spesso fastidiosamente poco geloso [non siamo mai contente!!], che mi
permette di coltivare questa passione, incoraggiandomi, nonostante gli
strusciamenti che questa danza impone.

Certo non è facile raggiungere l’impeccabilità dei brasiliani.
Non c’è bisogno che sia io a raccontare della perfezione dei loro corpi e della loro unicità nelle movenze. Il loro è più un fluttuare che un semplice ballare.
Lo Zouk-Lambada richiede ad una donna di avere grande controllo nel movimento dei piedi mentre dimena il bacino, capire quale sarà il prossimo passo dell’uomo che ha di fronte, ruotare la testa freneticamente ma con eleganza, cercare di non vomitare [!!], il tutto con la speranza di apparire sexy o almeno dignitosa. In caso contrario l’effetto ottenuto è disastroso, senza considerare la facilità con cui è possibile farsi molto, molto male. Cadere fa parte del pacchetto. I dolori del giorno dopo, anche. Per fortuna il collo bloccato, la schiena a pezzi e le gambe pesanti nessuno li vede. La sensazione di essere stati investiti da un tir è inevitabile quando si comincia.

Dopo circa otto mesi di pausa ho finalmente ricominciato.
L’attesa, se pur non fisica, di mio figlio prima e il suo arrivo poi, non hanno lasciato spazio per niente che riguardasse me stessa. L’urgenza di esserci in ogni istante, di non perdere un solo istante della crescita del mio bambino avevano l’assoluta priorità.
Oggi, dopo sei mesi di simbiosi, senza una nonna, zia, parente o amica in grado di aiutarmi, i bisogni sono un pò cambiati. Quello di riprendere fiato è uno di questi.
E considerato che siamo insieme sette giorni su sette, ho pensato che dedicarmi quattro ore a settimana, di cui due lui già se le dorme, è un lusso che posso concedermi!!
E’ bastato un attimo per riprovare quella felicità che solo il ballo riesce a darmi. Una felicità differente.
Sono ossessionata da questo
ritmo. Il mio corpo si trasforma in energia, sono libera.
La mia testa abbandona qualunque pensiero o preoccupazione. Divento una vibrazione, un tutt’uno con la musica. Ne sono schiava.
In quel momento sono protagonista, prima donna. E’ qualcosa di esclusivamente mio.
E’ un sentire senza spiegazioni. Non ci sono sentimenti, ma emozioni.
Ricominciando la dipendenza è tornata forte più di prima, come una droga e non intendo smettere di farne uso almeno fino a quando non avrò la pancia grossa, piena del frutto della mia più grande passione!! Quello sarà l’unico momento in cui sarò contenta di mollare ancora una volta.
E speriamo che sia presto.

La danza, un minimo di spiegazione, un minimo di aneddoti, e un massimo
di sensazioni.
  [Un instante nella vita d’altri – Maurice Béjart]
 
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