Da due settimane, mi sveglio presto. L’equivalente di dormo poco.
La prima azione, è guardare l’ora sul mio cellulare. Nient’altro che un vizio.
Se non fosse che.
Puntualmente, segnato sul display, trovo un’orario che oscilla tra le 6:21 e le 6:25.
Accade ogni volta, dopo un ritorno. Apro gli occhi e per qualche istante, mi chiedo dove sono. Dove cazzo sono, per l’esattezza.
Mettiamoci anche che, quando torno in patria, mi divido tra casa di mia madre, casa dei miei suoceri e casa di mio cugino, a Roma. La nostra è affittata e preferisco non passarci nemmeno davanti, tanto fa male il ricordo. E’ stato un tempo felice quello. Pazzo. Intenso.
Mio marito mi ha fatto giustamente notare, che l’hanno abitata per più tempo i nostri inquilini, di noi.
Mettiamoci anche che, in base a dove dormo, mi sveglio con accanto una persona diversa.
Che detta così, fa pensare anche un pò male.
Se non fosse che.
Accanto a me non ci sono uomini. Oltre mio marito, si intende.
Aggiungiamoci anche che io e il mio lui, in Italia, torniamo ad essere indipendenti e la cosa non ci pesa affatto. Siamo sempre stati un pò fuori dalle righe, sotto questo punto di vista. Ritengo necessaria la nostra libertà, quella senza la quale non riesco a vivere e che mio marito rispetta.
Aggiungiamoci anche che io e il mio lui, in Italia, torniamo ad essere indipendenti e la cosa non ci pesa affatto. Siamo sempre stati un pò fuori dalle righe, sotto questo punto di vista. Ritengo necessaria la nostra libertà, quella senza la quale non riesco a vivere e che mio marito rispetta.
Lui che, di fronte alla mia domanda – “Perché mi permetti tutto”, risponde col sorriso – “Perché ti amo e so che questo è l’unico modo per tenerti con me”.
Quest’anno però, c’era nostro figlio. Sempre.
Lui. Il nostro punto fermo.
La vita nel Bel Paese è qualcosa di irreale, da quando ho smesso di abitarci. Tanti di voi, capiscono perfettamente cosa intendo. Cosa significa essere in vacanza nella propria città.
Questo porta a vedere solo il bello delle cose e a chiedersi che senso abbia, morire di saudade per il resto dell’anno.
Ma quella non è la realtà. Così come non è l’Italia, il posto per noi.
Non potrei rinunciare a tutto quello che abbiamo costruito, a quanto di bello abbiamo qui.
E potrei anche dire di avere una vita perfetta.
Se non fosse che.
Io in Italia ci sono stata bene. Tanto bene. E non si tratta solo del nostro, meraviglioso, 4 maggio. No. C’è molto di più.
C’è che non ne ho avuto abbastanza. C’è che, due anni di lontananza, avevano intorpidito i miei sentimenti. C’è che non c’è stata solo la distanza, in quel lungo periodo di tempo. Ci sono state difficoltà e dolori. Ripagati dalla gioia più immensa, è vero. Ma è stato difficile, che le parole non riescono nemmeno a dire quanto.
Il bello sovrasta il brutto, dopo. Ed è vero. Ma sarei un’illusa, se credessi di poter dimenticare.
Quello che più ho ritrovato, al di là dell’amore [e giuro che questa parola non la scrivo più, sennò vomito!!], sono state la libertà e la spensieratezza.
Dio, quanto ne avevo bisogno.
Mi ci sono buttata, come una ragazzina in piena fase adolescenziale. Non potevo farne a meno, è stato più forte di me.
Forse una mamma non dovrebbe fare una confessione del genere.
Se non fosse che.
Quando si ha un figlio, che è il dono più bello che si possa ricevere e bla bla bla – lo sappiamo -, si tende a perdere di vista il proprio Io.
Se non fosse che.
Quando si ha un figlio, che è il dono più bello che si possa ricevere e bla bla bla – lo sappiamo -, si tende a perdere di vista il proprio Io.
Attenzione. Non è una lamantela, me ne guardo bene. Quello che cerco di spiegare è che, il solo uscire di casa per andare a fare la spesa, da sola, mi ha fatto un gran bene.
E’ un impegno grande crescere un figlio. Ieri sera, mio marito, se n’è uscito con queste parole: “Ti rendi conto… stiamo crescendo un bambino. Io e te.” Commento scontato, quanto veritiero.
Un giorno credevamo di non poter badare nemmeno a noi stessi, quello seguente ci prendevamo cura di nostro figlio, come fosse la cosa più naturale del mondo.
E’ questo il punto.
Io adesso sono felice. Appagata. Piena. Impegnata. Concentrata. Su di lui. Su di noi.
Abbiamo rallentato. Abbiamo ripreso a vivere. Proprio come fanno le persone normali.
E vorrei tornare a provare quello che sentivo, prima di partire. Rimettermi nell’ottica giusta per creare il nostro domani e non aspettare.
Se non fosse che.
Attualmente non sento più quel bisogno, incolmabile, di maternità. Non sento il bisogno impellente di un altro figlio. Non sento il bisogno di riempire quell’utero vuoto, quell’organo tanto odiato.
Criticabili sentimenti, vista la nostra situazione.
Ma io non posso ignorarli. Ho l’obbligo di seguirli. Ascoltarli.
La ragione certo, direbbe di non perdere tempo. Di buttarmi subito in questo grande, enorme progetto, quello che riguarda il futuro. La nostra famiglia. Quello per portare a casa i nostri figli.
Se non fosse che.
Adesso che sento di aver ritrovato il presente, non voglio perderlo. Non voglio vivere solo in funzione di domani. Non voglio vivere furiosamente.
E’ stato un incontro inaspettato. Bellissimo. Io che col tempo, non ho un buon rapporto.
Ovviamente questo vale anche per l’uomo che ho accanto. Sfinito quanto me, dalla maratona che ancora sentiamo pesare sul nostro corpo. Crampi che ogni tanto tornano, reali quanto la strada percorsa.
Ecco perché abbiamo deciso di aspettare.
Ecco perché non sarà questo, l’anno in cui faremo la tanto bramata pma.
Non è il momento. Non è la priorità.
Se è egoismo, io non lo so. So che è il nostro desiderio.
E’ stato così naturale comprare il biglietto aereo per settembre, programmare un altro rientro a casa, che non ci siamo nemmeno tornati sopra. Anche se sì, ne abbiamo discusso. Ovviamente. A lungo.
Ed è proprio per questo motivo che, aspettare, è la giusta decisione.
Che non significa aver cambiato idea. Tutt’altro.
Lo faremo. Faremo tutto il necessario, per realizzare anche questo sogno.
Solo che non sarà adesso.
Quello che mi fa impazzire è il fatto di come, ogni dannata scelta, comporti una rinuncia.
Ogni volta che si prende una strada, se ne esclude necessariamente un’altra.
Accade quando si sceglie di vivere all’estero. Quando si decide di adottare. Quando si decide di provare ad avere un figlio biologico, consapevoli di non poterlo avere nella maniera classica.
So anche che potremmo non riuscire mai in questo. Oppure potremmo farcela.
E in questo caso, per me, significherebbe passare altri due anni lontana. Vorrebbe poter dire altri due figli [la possibilità c’è], da crescere da sola. Vorrebbe voler dire, attraversare l’oceano con tre figli piccoli. Vorrebbe dire fermarsi, ancora una volta.
In caso contrario invece, potrebbe voler dire impiegare anni di vita, nella ricerca di un sogno che potrebbe non avverarsi mai. E che potrebbe far male, come un taglio profondo, che non saprei come curare.
Non devo pensare negativo, è vero. Perché detta così, aspettare, sembra la decisione più sensata.
Se non fosse che.
Potrei perdere tempo prezioso. Il mio corpo potrebbe cambiare. Potrebbe diventare più difficile.
Potremmo rimpiangere per sempre di aver aspettato. Potremmo non realizzare mai il desiderio di avere un figlio di pancia, senza un motivo apparente a giustificare questa inaspettata frenata.
Se non fosse che.
Coi se e coi ma, non si va da nessuna parte. Nè tantomeno, si crea qualcosa.
Questo post è un casino e paradossalmente, è perfetto così com’è.
Rispecchia quello che sento. Quello che sono, in questo momento della mia esistenza.
Una mia amica, pochi giorni fa, mi ha detto che non mi riconosce più. Che sono diversa da quando sono tornata.
Distante – è stato l’aggettivo che ha usato e che io non ho saputo obiettare.
Perché la mia testa lo è. Non è qui e forse, non è nemmeno in Italia. E’ alla ricerca. Di un tempo perfetto, in cui tutti i tasselli potranno combaciare. Un tempo inesistente o che io ancora, non riesco a vedere.
Se non fosse che.
Siamo noi stessi a scandirne il ritmo. Siamo noi stessi a tessere la trama della nostra vita.
Che non sarà perfetta, ma che è unica, coi suoi nodi e i suoi bellissimi colori.
“Di fronte al mare la felicità è un idea semplice”
[Jean-Claude Izzo – Chourmo. Il cuore di Marsiglia]
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Ci sono momenti nella vita che sei distante. Con il corpo ci sei ma la testa va per conto suo in cerca di quell'oasi di pace in cui finalmente ritroverai il tuo, i vostri sogni. E'anche giusto prendersi tempo anche solo per ripartire carichi. Magari questo senso si vuoto, di inappagamento è dovuto al rientro. Dai che domani sarai positiva al massimo, intanto viviti questa meraviglia di vita che hai : marito e figlio fantastici e godeteli che sono una ricchezza:) Un abbraccio
E' proprio questo il punto. Sentire di avere tutto in mano e avere voglia di goderlo al massimo!!
Ti abbraccio Antonella.
Vivere centrati nel presente è difficile. Capisco bene i sentimenti che percorrono questo post.
E' difficile e raro. Ma quando accade, è difficile farne a meno.
io credo che la condizione di expat sia difficile proprio per questo: in fondo tu in Italia lasci tanto, è sempre una vita un po' in bilico. Per il resto di sicuro anche una super stanziale come me soffre per le attese, e Dio solo sa quanto abbia atteso, e per come dice Robin qui sopra, la grande difficoltà di vivere il presente appieno senza pensieri del "quando ecc. andrà meglio". Un bacio
Sandra http://ilibridisandra.wordpress.com
D'altronde non si è mai realmente appagati. La continua ricerca di miglioramento, fa parte della natura dell'uomo.
E forse, ancor più della donna!!
Baci
Oh cara come aspettavo questo post…
Avevo intuito l'attesa, il dilatarsi del tempo, la maturazione di una ricerca negli altri post degli ultimi tempi.
Prendersi tempo. Ascoltarsi. Spostare attenzione e bisogni su altro.
Io la capisco perfettamente questa vostra sensazione.
Perfettamente.
Sai, una volta mentre ero incinta stavo a letto e avevo difficoltà ad addormentarmi. Pensavo quanto mi stesse stravolgendo la vita quello che mi stava accadendo, piangevo persino a pensarlo, mi sentivo schiacciata dal peso di quella cosa grande, immensa, meravigliosa, sconosciuta.
Poi è andata molto diversamente dall'atteso, altri sconvolgimenti sono arrivati.
C'è stato un tempo anche per noi per sentire che non era ancora il momento di pensare ad un altro bambino.
Per questo dico che capisco bene le vostre emozioni.
Sono sentimenti in evoluzione, cambiano con noi.
Il bello è saperli riconoscere e non averne paura, ma accoglierli.
Per certe persone del resto non si può fare altrimenti.
PS mi appresto a leggere anch'io Izzo, in previsione della partenza per Marsiglia, città dalla quale mi sento attratta da tempo, che sento di conoscere già in qualche modo.
Forse è proprio colpa del mare…
Riesci sempre a cogliere il punto!!
"Il bello è saperli riconoscere e non averne paura, ma accoglierli." Questa frase rende perfettamente l'idea.
Piacerebbe anche a me visitare Marsiglia!! Aspetto il resoconto sul tuo blog.
E Elle… ma quanto ci piacerà il mare a noi due?!!
Penso che avere la capacità di ascoltare le proprie emozioni e di seguirle, anche se questo comporta il fermare una giostra su cui si era già saliti o a volte andare contro la corrente che tutti pensano debba essere seguita, è un segno di grande maturità.
Non si può conoscere il futuro e ogni volta che si fa una scelta non si può avere la certezza che sia quella giusta o che non la si rimpiangerà nel futuro. E senza questa certezza, tutto quello che si può fare è seguire il proprio cuore.
Ecco, baby e Elle mar hanno scritto quello che avrei detto anche io. Bacio grande.
Amen.
Leggendovi, tutta questa confusione mentale sembra trovare un filo conduttore. E un senso, soprattutto.
Non è un post incasinato… è pieno di saggezza invece. Per motivi differenti capisco bene quello che scrivi.
Un bacione!
(ormai ho un appuntamento fisso con le tue citazioni!)
Questo mi fa sentire meno persa, in questo mare di idee 🙂
E' proprio una fissazione la mia, per le citazioni. E' bello trovare un pezzetto di noi stessi o della nostra storia, tra le pagine di un libro.
Baci
Grande capacità è quella di assecondare il proprio orologio interno invece di inseguire il calendario.
Sei in gamba! Baci alla piccola meraviglia
Che bella frase. Perfetta.
Grazie. Un bacio ai tuoi piccoli.
🙂
nonostante tutto, ti leggo serena 🙂
approfittane, vai a settembre in italia,e poi si vedra' 🙂
un abbraccio!
In effetti lo sono 🙂
Forse è proprio questo a farmi riflettere!!
E tu?? Nessuna novità sulla strada verso il tuo piccolo panda rosso?? 🙂
come siete belli
valescrive
Grazie Valeria!!
Altro che incasinato…qui hai scritto le indicazioni per varie strade, come percrrerle, i tempi, i mezzi, le forze necessarie..
La segnaletica c'è.
Non è detto che durante questo respiro non si affaccino sorprese imprevedibili.
Arriverò presto anche io a respirare così…forse dopo un pò di fallimenti, per ora sono in corsa e corro sorridendo.. ma quando vorrò mi fermerò a bere qualcosa in spiaggia con charlie
Bella l'immagine di te che passi veloce davanti casa a Roma…
Adesso è il tuo momento!! E l'immagine che ho io di te, mentre corri sorridendo, è altrettanto bella.
Però casa mia è in Toscana, poco distante da Firenze. A Roma ci vive la mia famiglia 😉
Ho scoperto ora per caso il tuo blog…molto carino davvero! Quando si vive in vacanza nella propria città sembra tutto bellissimo, e porta a vivere di saudade il resto dell'anno, come hai scritto tu. Ma poi tornare a viverci è un'altra cosa..e io ora vivo di saudade di quando l'Italia per me è stata una meta vacanze…ma se me ne andassi ancora sarebbe di nuovo saudade…un casino insomma! Mi ci ritrovo in molti dei tuoi se non fosse che!
E' così… si vive nella costante insoddisfazione, cercando quello che non si ha e sentendo la mancanza di quello che è stato e probabilmente non sarà più.
Hai usato il termine giusto… un casino!! 😉
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