Sono tornata in Brasile da un mese e mezzo circa, eppure sono ancora a scrivere dei miei viaggi in Europa. Questo post non fa eccezione, nonostante si tratti di un viaggio e di una meta che non hanno a che vedere con la geografia.
Prima di raccontare di Berlino ed Atene infatti, vi racconto di Firenze, una città dove io non posso definirmi turista avendo abitato al suo confine per una vita. Il motivo che mi ha portato a lei in un soleggiato pomeriggio di fine maggio è però insolito e riguarda una visita medica in una nota clinica di procreazione medicalmente assistita. Una visita fortemente voluta da mia madre, che ci ha aiutato ad accelerare i tempi ed interessante per noi, che per la prima volta ci siamo trovati a parlare di questo argomento nella nostra lingua madre.
Chi ci è stato riconoscerà sicuramente questo murales che si trova sulla parete che fronteggia l’ingresso e capirà di quale istituto andrò a parlare. Non ho elementi sufficienti per citarlo, ma posso certamente raccontare come è andato il nostro incontro.
La dottoressa con la quale abbiamo avuto il colloquio è stata da subito amichevole fornendoci, nella sua accentuata e a noi famigliare parlata fiorentina, un quadro generale della situazione e delle possibilità. È stato determinante all’interno della conversazione il fatto di non essere digiuni sull’argomento, niente di quello che ha detto ci è suonato nuovo, seppur interessante. Ha analizzato da subito il plico che avevamo con noi, non del tutto completo ma sufficiente per darle un’idea sul nostro stato attuale e passato.
Soffermatasi sullo spermiogramma di mio marito, con tanto di test di frammentazione del DNA spermatico e FISH test, ha voluto chiamare il biologo che di norma se ne occupa, riportandogli i numeri dell’esame e raccontandogli, senza lesinare dettagli, del nostro primo tentativo di ICSI fatto l’anno scorso e quindi dell’aborto che lo ha seguito. Il medico in questione ha espresso la sua opinione, dicendo che niente lascia pensare ad un aborto avvenuto per ragioni diverse da quello spontaneo, così come avevano già detto in Brasile. Ancora una volta ci siamo trovati a fare parte di una percentuale ed è una percentuale che a loro fa sperare in positivo, nonostante io fatichi ancora a vedere quel lato nella mia passata esperienza con la PMA. Poi, nello specifico delle cifre dell’esame del seme di mio marito, ha detto qualcosa che la dottoressa dopo ha voluto spiegare meglio. Sembra infatti che i numeri attuali non siano brutti abbastanza da giustificare la nostra infertilità, a detta della dottoressa ci sono uomini in grado di concepire naturalmente con numeri ben peggiori. Questa è la bella notizia. La brutta, è che nella pratica non cambia assolutamente niente e soprattutto non risolve!!
La nostra strada rimane ancora una volta la ICSI, è lei stessa a confermarlo.
Settembre, il mese in cui sarebbe possibile partire. I mesi nel mezzo servono per rinnovare alcuni esami, con la possibilità di farlo qui in Brasile e per dare il tempo a mio marito di migliorare il seme, attraverso l’assunzione di integratori che attualmente sta prendendo. Nella clinica di São Paulo, il Dott. Destino non ha mai fatto segreto del suo scetticismo riguardo la loro effettiva utilità, ma parlando di integratori ed in assenza di particolari controindicazioni, abbiamo pensato fosse utile tentare. Rispetto all’intruglio magico della fertilità di cui raccontavo nel post di Marrakech, non ho trovato alcun motivo di preoccupazione. La dottoressa ha chiesto un nuovo esame del seme a mio marito una volta finita la cura ed un’ecografia interna a me, che avrei dovuto fare lì pochi giorni dopo ma che non ho fatto.
I costi sono praticamente identici, se non fosse che in Italia i farmaci te li passano. Noi però i farmaci li avevamo già comprati ad ottobre, quando avevamo in previsione di cominciare il trattamento il mese dopo, trattamento in effetti mai iniziato. Alcuni farmaci ci sono addirittura scaduti tra le mani e non vi dico il nostro disappunto nello scoprire di aver buttato via non pochi soldi!! Di fatto il valore non ci ha aiutato nella scelta.
In entrambi i casi dobbiamo affrontare un viaggio. Quello in patria, più costoso ma che ci permette di risparmiare nel soggiorno, oltre all’impagabile aiuto delle famiglie che in quel caso sarebbero presenti e quello a Sao Paulo, che ha un volo meno lungo e meno caro al quale va aggiunto però il costo dell’appartamento e un figlio che – non così indirettamente – si trova ad affrontare questa strada con noi. È sempre stato presente, ma durante lo scorso tentativo c’erano i miei suoceri ad aiutarci e quello ha sicuramente fatto un’enorme differenza. È anche vero che a distanza di un anno e mezzo NE è cresciuto, i suoi bisogni son cambiati ed è senza dubbio più autosufficiente e cosciente. Tutti nella clinica brasiliana si ricordano di noi e di NE in particolare, me lo ha fatto presente una delle tante segretarie con cui ero al telefono pochi giorni fa e non so se sia dovuto ai colori che indossiamo e che certamente ci contraddistinguono o se perché da lì passano davvero pochi bambini in proporzione ai genitori che invece ne cercano uno!!
Siamo tornati in Brasile, prima Lui e poi io con NE, senza aver preso una decisione. Lui propenso verso l’Italia e quindi pronto ad affrontare un periodo di soggiorno in patria più lungo [più per me in realtà!!], io propensa a stare qui e dare una seconda chance ad un medico di cui continuo a fidarmi e che “sulla carta” non ha commesso alcun errore. In comune solo la voglia di riprovarci, che non è poca cosa.
Ho pensato che un secondo tentativo nella stessa clinica possa consentire una maggiore precisione nelle scelte, avendo il medico in questione già testato e conosciuto il mio corpo, come anche la sua reazione nelle varie fasi del trattamento. In nessun caso è possibile prevedere quale possa essere la scelta giusta, quella che ci permetterà di abbracciare il tanto desiderato secondo figlio e vivere la nostra prima gravidanza, ma sono convinta che continuare qui sia la decisione migliore. Credo sia giusto andare con ordine, cominciare e finire qualcosa, perché un solo tentativo mi insegnano che non è sufficiente per considerare concluso un ciclo di PMA. La prima speranza è quella di produrre più
follicoli dell’ultima volta, così da poter congelare alcuni ovociti ed evitare un’ulteriore stimolazione in caso di negativo. Spero, facendolo più in grande, che non ce ne sia bisogno, a meno che non si cerchi il terzo figlio che in effetti desideriamo. Spero tante cose, cose che voi che leggete conoscete già e lo faccio in maniera pratica adesso che non ci sono ancora dentro, consapevole che dopo non sarà così.
Se questi tentativi dovessero fallire, prima di accantonare del tutto il capitolo PMA e quindi l’idea di un figlio biologico ad ingrandire la nostra famiglia, allora potremo pensare all’Italia. È una risorsa che teniamo come jolly, una speranza in più chiusa nel cassetto delle reali possibilità, più che dei sogni.
Se non ci fosse stato un errore nello scambio di mail con la clinica brasiliana, di cui posso solo fare un mea culpa, avremmo già iniziato. Ma abbiamo detto che al passato non si guarda e allora rimango con gli occhi ben puntati verso il futuro, ignorando i sassolini che mi fanno periodicamente inciampare, come ad esempio le cisti che a novembre hanno precluso l’inizio del trattamento o la febbre alta che da qualche giorno sto combattendo e che oggi sembra scongiurata, oltre ad un’infezione alla gola che invece persiste obbligandomi all’uso di antibiotico, dopo avermi procurato anche un fastidioso sfogo cutaneo, il tutto a pochi giorni [ore?] dall’arrivo del mio imprevedibile ciclo.
In questo preciso istante, proprio mentre scrivo, è apparsa sul display del mio cellulare la notifica della risposta che la clinica mi ha inviato, riguardo la possibilità di cominciare il trattamento nonostante l’assunzione di antibiotico e temo la risposta. Vado a leggere…
[…]
L’infermiera che mi segue dice che se assunto prima dell’inizio della stimolazione non crea problemi e se le due cose dovessero accavallarsi, valuteremo al momento. Una buona notizia a metà, che è meglio di una cattiva notizia intera. Questa porta aperta mi ricorda quante altre ancora ne dovrò aprire senza sapere cosa troverò ad accogliermi e quanti scalini per raggiungere l’obiettivo mancano ancora. Mi ricorda che la partenza stessa è qualcosa da non sottovalutare e che è meglio non puntare all’arrivo, ma focalizzarsi su una tappa per volta.
Spero quindi che il ciclo, normalmente molto breve, per una volta non abbia furia di arrivare, che la cura antibiotica finisca prima e che non ci siano cisti a complicare, visto che nell’ultima ecografia andava tutto bene. Comincia il periodo della speranza, del credere sopra ogni cosa e nonostante tutto.
Siamo finalmente pronti ad affrontare il nostro secondo tentativo di procreazione medicalmente assistita. Proviamo a farlo piano piano, che la furia pare non essere buona consigliera e con l’appoggio lontano delle nostre famiglie. Non abbiamo intenzione di dirlo ad altri, il che suona strano visto che intendo raccontarlo ancora una volta qui.
La scelta di non dirlo agli amici che non leggono il blog e che sono la maggior parte nonostante sappiano della sua esistenza, è semplicemente per evitare l’apprensione che c’è stata nello scorso tentativo e che non ritengo necessario ripetere.
La scelta di raccontarlo ancora una volta a voi che leggete il mio blog, è altrettanto semplice ed è legata all’aiuto morale che mi avete dato e che ha fatto la differenza prima, durante e dopo lo scorso ciclo di PMA, soprattutto in considerazione del trovarmi sola dall’altra parte del mondo dove sì, ho amiche che sanno e che mi stanno vicino, ma che non riuscirebbero da sole ad occupare tutto quel vuoto che le vostre parole di sostegno e affetto riescono a colmare.
Il mio allontanamento verso vita reale e virtuale sembra alternarsi in base alle situazioni o più precisamente, in base alla PMA. Uno stesso punto di vista ci può dare due visioni distinte di una medesima cosa, uno stesso tramonto contiene infinite sfumature se si ha l’accortezza di coglierle e di attendere. Qualche volta ci vogliono anni, altre solo pochi attimi, ma tutto cambia.
Facendo il punto della situazione… se non si dovesse avverare nessuno dei sopracitati impedimenti, a giorni partiremo con la prima fase: la stimolazione ovarica.
Spero di tornare presto con buone nuove!!
Spero di tornare presto con buone nuove!!
“L’impreparazione è una condizione molto fertile.”
[Non si muore tutte le mattine – Vinicio Capossela]
[Non si muore tutte le mattine – Vinicio Capossela]
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